Thanks for the link Marco, and your translation. In his second letter, does Aretino say something about leaving out the evil tower card as he cannot stand to see anyone get the card in their hand? (DLXXII below). Or am I completely misreading it? (erm... this probably should be in another thread)...marco wrote:Hello Enrique,
today I have found a site (http://www.bibliotecaitaliana.it) where there are a few interesting texts mentioning tarot (including a couple of beautiful letters by Pietro Aretino).
I was particularly amused by a Comedy by Giordano Bruno were Tarot is mentioned. I have attempted a translation on Tarotpedia. This made me think of our conversation about Tarot and Inns
Lettere sull'arte
Pietro Aretino
CXVIII
AL PADOVAN, CARTARO
Sì come il piacevole, il grato e l'arguto messer Alessandro dipintore, vostro fratello e mio amicissimo, mi diede i primi tarocchi , così insieme con le due paia di carte mi ha dati i secondi; onde, a voler laudare la diligenza de la bella manifattura di sì fatti lavori, non bastarebbono le lingue di mille primieranti. In somma cotali opre sono di mano del Padovano, che in suo genere tanto è a dire quanto di Michelagnolo ne le cose che egli scolpisce o dipinge. Tal che io, in fino a qui gloriatomi del non saper giocare, mosso da la lor vaghezza, mi dolgo di non esser giocatore; imperoché i disegni de le figure, con l'altre circunstanzie. tocche d'ariento e d'oro, mettono più desiderio di rimescolarle a chi ci dà una occhiata, che un vaso d'acqua fresca non pon volontà di bere ne lo amalato che il guarda. Ma, per non simigliarmi al can de l'ortolano, mi ho lasciato tòrre le carte uniche e i tarocchi divini ad alcune ninfe non meno cortesi che galanti, e così elleno in mio scambio si dilettaranno con esse in questi caldi eccessivi. Intanto io andrò pensando di ricompensare gentilezza con gentilezza, restando sempre al piacere di voi, che avete più tosto animo di re che di cartaro. Testimone de la splendidezza del viver vostro, la generosità del quale consumarebbe l'oro del Perù non che i seicento scudi e gli ottocento che, con la grazia di tutta Fiorenza, ritraete l'anno da la vostra industria; le cui avertenze, essendo senza pari, si debbono stimare più che le leggi di molti dottori mediocri. Ora state sano, e amatemi.
Di Vinezia, il 7 di luglio 1541.
DLXXII
AL PADOVANO
Quante laude meriterebbe che se gli desse la sorte, se gli impacci che avete voi, reale uomo, tempestassero l'animo di qualche plebeo principe, e i commodi che felicitano lui consolassero il cuore vostro che 'l merita. Questo dico, sì come parmi d'aver detto altre volte in proposito de la liberalissima di voi natura, la quale vi fa splendido in modo che, pur che ve ne mova un cenno, più che non vi resta donate. Il che si confà tanto con la complessione ch'io tengo, che bisogna che vi ami come amo me stesso. Il che faccio con lo affetto di tutto quel contento, che sempre veggo in voi, in qualunque cosa vi richiesi mai ottenendola. Onde l'ultima cortesia dei tarocchi mandatimi si può connumerare per dono prima ottenuto che chiesto. Certo che l'opra loro è artificiosa e bella molto: il che mi è suto caro per sodisfazione de lo imbasciador d'Urbino, a cui ne ho fatto un presente, a ciò trapassi il tempo essercitandogli adesso che il male, che ce lo voleva tòrre, l'ha lasciato. Che in quanto a me, non ch'io giuochi, non posso stare a vedere niuno che tenga in mano le carte. Ora io non vi ringrazio di tali, perché sto aspettando che mi venga occasione di compiacervi in altro che in parole tessute con tersi detti in l'inchiostro.
Di agosto, in Vinezia, 1550.